venerdì 14 febbraio 2014

La critica di Silvano Agosti alla scuola: imparare è bello, studiare no!

Silvano Agosti (1938) ha scritto più volte della scuola, condannandola senza mezzi termini. La sua visione pura dell'esistenza non può tollerare alcuna violenza nei confronti dell'essere umano, quindi la scuola gli appare come una cosa abominevole.
La stampa ufficiale quando riporta le considerazioni con cui Agosti condanna la scuola prova a depotenziarne il valore defininendole "provocazioni". Le sue lucidissime e naturalissime considerazioni non hanno, in realtà, nulla di provocatorio. Provocatori continuano invece ad apparire i campi di reclusione scolastici.
In un suo breve saggio del 2007 intitolato Il genocidio invisibile Agosti ha illustrato con parole semplici e chiare il modo in cui le scuole, privilegiando lo studio rispetto all'apprendimento, si trasformano in luoghi di tortura.

Accade quindi che istituzioni nate per soccorrere l’uomo finiscano per danneggiarlo o addirittura sopprimerlo, o che l’infinito piacere di imparare venga sostituito dalla pratica poco amata dello “studiare”.
Imparare è pratica naturale di evoluzione e crescita della personalità e procura emozioni delicate e favorevoli, a volte perfino ineffabili.
“Studiare” ovvero inserire di forza nel proprio apparato percettivo una serie di concetti e nozioni non chiamate dal desiderio, si rivela invece a lungo andare una pratica perversa, capace solo di annullare qualsiasi reale desiderio di conoscere.
Ma l’imparare nasce dalla brezza del desiderio e offre una risposta voluta, accolta con gioia e con la partecipazione attiva di tutta la personalità.
“Studiare” per contro “costringe” una mente spesso riluttante, spesso estraniata, ad applicarsi a nozioni e dati che non suscitano il minimo interesse e che quasi sempre sono lontani dalle reali necessità della persona.
Per questo le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, tradizionali e
sperimentali, a un attento esame delle loro strutture operative rivelano inquietanti analogie con gli istituti di pena e a volte perfino con i campi di sterminio. 

Costrizione e obbligo, parole d'ordine nella pratica scolastica, non hanno nulla a che vedere con l'apprendimento, che invece si basa sulla curiosità, sull'emozione, sul desiderio. La natura ci porta ad imparare in breve tempo ciò che artificialmente ci sforziamo di studiare a lungo.
Ma proseguiamo con la lettura di Agosti, perché la sua consapevolezza dei perversi meccanismi scolastici è completa.

La scritta “il lavoro rende l’uomo libero” di sinistra concezione nazista, posta all’ingresso dei campi annunciati all’inizio come “campi di rieducazione” e divenuti ben presto campi di sterminio, potrebbe dunque trovare un perfetto analogo nella scritta “lo studio rende l’uomo libero”.
Lo studio, nato per promuovere ed estendere la creatività e divenuto ben presto uno strumento capace di estirpare qualsiasi creatività e di demolire ogni desiderio naturale di apprendere.
Imparare, apprendere, ampliare le proprie conoscenze del mondo si rivela come uno dei massimi piaceri che la natura offre, mentre “studiare” è ormai divenuto un tormento permanente. Cercherò di esemplificare una distinzione fondamentale tra i due procedimenti.
Imparare corrisponde grosso modo al piacere di nutrirsi, magari scegliendo i cibi a seconda dei propri desideri, che poi assai spesso corrispondono alle necessità dell’organismo.
Studiare invece corrisponde a un “trattamento sanitario obbligatorio” come se qualcuno lo programmasse così: ore otto pane, ore 9 pasta, ore 10 carne, ore 11 verdure, ore dodici frutta. E così ogni giorno e, di fronte a tentativi legittimi di disperazione o di ribellione della vittima di turno, l’”ingozzatore” non senza innocente cinismo enunciasse la sua verità: “Guarda che se non ti nutri muori”.
Un'evidente analogia accade nel nutrire spietata osservanza “dei programmi”. Sì, i ragazzi a scuola si annoiano, fingono di ascoltare, sono sempre meno capaci di esprimere una loro visione del mondo, ma “il programma è stato rispettato e ultimato”. Pian piano si è praticamente estinto ogni naturale desiderio di sapere, e smarrito per sempre il piacere di “conoscere”.

Studiare è un tormento. Imparare è un grandissimo piacere. Colpa dei programmi scolastici, che costringono studenti e insegnanti ad un penoso teatrino che si rinnova annualmente, una recita al termine della quale tutti hanno fatto il proprio dovere, tutti sono più vuoti di prima, e tutti sono invariabilmente felici di aver posto fine all'annuale tormento.
I programmi scolastici andrebbero definitivamente aboliti: questo lo aggiungiamo noi, convinti che Agosti sia più che d'accordo.

Antonio Saccoccio




6 commenti:

  1. Ci sarebbe, come sostengo da anni, una soluzione: eliminare l'obbligo scolastico, che ha avuto ragione di esistere in epoca di alfabetizzazione, ma ora non più

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  2. Anche per me l'eliminazione dell'obbligo scolastico sarebbe una delle prime misure da prendere. Ma, purtroppo, la vedo molto dura. Si parla addirittura di innalzare l'obbligo ai 18 anni...

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  3. Io ho letto questo sito da cima a fondo, più molto altro materiale riguardo all' ideologia della descolarizzazione. E sono perfettamente d' accordo su tutto, ma onestamente non riesco a capire quale sarebbe la proposta alternativa alla scuola...abolendola si risolverebbero molti problemi, ma come può la famiglia istruirmi su cose più complicate del semplice saper leggere, scrivere e fare calcoli? Quando parlo con qualcuno riguardo l' argomento "istituzione scolastica" esprimo sempre il mio parere favorevole alla sua abolizione ma il problema arriva quando qualcuno, dopo aver ascoltato il mio ragionamento chiede:
    "dunque cosa proponi in alternativa alla scuola???"

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    1. Avere un buon esempio in famiglia penso sarebbe già un passo ciclopico in Italia.

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  4. Ciao Nicolò. Ci sono essenzialmente due tipi di risposte alla domanda "cosa proponi in alternativa alla scuola?".
    La prima, quella più "politicamente corretta", è oggetto di una mia trattazione all'interno dell'ultimo libro da me curato "La scuola moderna. Verso un'educazione senza voti né esami" ( http://www.bookrepublic.it/book/9788898298037-la-scuola-moderna-verso-uneducazione-senza-voti-ne-esami/ ). Ne parlerò nei prossimi articoli (tempo permettendo).
    Ma la risposta delle risposte da dare a questi signori è far loro notare che la loro domanda possiede un vizio 'ab origine'. In pratica si tratta di far loro notare che non siamo noi, che denunciamo la scuola come un'istituzione che va contro la natura dell'apprendimento, a dover dare risposte, ma sono proprio coloro che continuano a sostenere un'istituzione repressiva, innaturale e autoritaria come la scuola a doverci rendere conto delle loro scelte. Chi è che decide di istituire luoghi di reclusione per bambini e giovani spacciandoli come luoghi di conoscenza dovrebbe rendere conto di tale scelta, non noi che essenzialmente non crediamo di dover alterare i naturali processi di apprendimento. E' lo Stato, l'autorità che deve giustificare le proprie scelte che sono piombate addosso a uomini e donne. Non siamo noi, semplicemente perché è la natura che dimostra quanto l'uomo sia capace di apprendere più fuori dalla scuola che dentro.
    Questo, secondo me, dobbiamo averlo sempre ben chiaro, altrimenti cadiamo nella trappola di vedere nel processo scolarizzatore un processo inevitabile. In altre parole: non dobbiamo trovare un sostituto della scuola, perché non ce n'è bisogno in un mondo in cui l'apprendimento procede naturalmente come dovrebbe.
    La vera domanda, quella che noi dobbiamo porci, è invece: "Come poter uscire da questa situazione? Quali le strategie per descolarizzare la società? In che modo contribuire a diffondere questa sensibilità che ormai è stata estirpata dall'indotttrinamento di massa? E poi: come poter conciliare l'organizzazione della vita contemporanea con un mondo senza scuole, dato che tutto il tremendo meccanismo mondiale è ormai strutturato in modo che la scuola sia indispensabile?". Ecco perché il pensiero della descolarizzazione non può essere contemplato all'interno dell'organizzazione produttivistica contemporanea. Può essere contemplato solo in un mondo che inizi ad andare in modo differente, in cui ad esempio il lavoro non sia la prima ragione di vita.
    Un saluto!

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    1. Ottima risposta,mi farebbe anche piacere continuare la discussione.
      In ogni caso appena avrò un po' di tempo leggerò il libro citato per trarne qualche spunto per discussioni ecc...anche se prevedo che il mio parere non interesserà minimamente al mondo (uno scolaro che parla di descolarizzazione suona un po' come una scusa: il classico studente che non ha voglia di "impegnarsi" ed è alla ricerca di qualsiasi strategia pur di convincersi che studiare non serva a nulla) ad ogni modo mi importa poco,quindi non mi resta che ringraziare.
      Un saluto anche a voi.

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