giovedì 17 ottobre 2013

Noam Chomsky e l'inutilità degli studi universitari

Noam Chomsky è spesso criticato per le sue posizioni politiche, ritenute da qualcuno ingenue o addirittura semplicistiche. Forse non si perdona allo studioso di essere stato un linguista e poi esser divenuto un uomo dalla visione politica radicale. Non gli si è perdonato la capacità di passare da un campo all'altro, per la solita cieca fissazione moderna che impedisce a priori ad un individuo di occuparsi di saperi diversificati. O forse non gli si perdona di avere il dono di parlare semplicemente e chiaramente, dono che per i soliti modernissimi benpensanti è invece scambiato per difetto. Ma la semplicità, nel caso di Chomsky, non è semplicismo. Saper illuminare nodi cruciali della contemporaneità è un pregio dello studioso statunitense. E non è stato da meno anche quando ha parlato dell'istruzione, della scuola e dell'università. Notevole il seguente passo tratto da "Capire il potere", in cui afferma perentoriamente che l'università è praticamente inutile, perché in nessuna facoltà di studia ciò che è davvero importante per la nostra vita. 

"Ma se uno volesse studiare i fenomeni importanti nella vita moderna, in quale università dovrebbe andare o a quale professione accademica dovrebbe dedicarsi? Non dovrebbe frequentare una facoltà economica, perché lì non si trattano questi argomenti: lì si elaborano modelli astratti del funzionamento dell'economia della libera impresa, sapete, proiezioni in uno spazio a dieci dimensioni di un inesistente sistema di libero mercato. Non dovrebbe frequentare quella di scienze politiche, perché lì si studiano statistiche elettorali, campioni di votanti e microburocrazia, per esempio il modo in cui un burocrate parla a un altro in una determinata situazione. Non dovrebbe frequentare quella di antropologia, perché lì si studiano le tribù della Nuova Guinea, né i corsi di sociologia, dove ci si occupa dei crimini commessi nei ghetti. In effetti non dovrebbe frequentare nessuna facoltà, perché nessuna tratta questi problemi. Non ci sono riviste che ne parlino. Non esistono strutture accademiche che si occupino delle questioni fondamentali della società moderna. Non è un caso che non ci sia un campo che studia questi problemi, perché se ci fosse la gente potrebbe capire troppe cose e, in una società relativamente libera come la nostra, cominciare a dare uno sbocco a questa conoscenza, eventualità che nessuna istituzione vuole incoraggiare. Non c'è nulla, infatti, di quanto ho detto che non potrebbe essere spiegato a uno studente delle superiori. Ma queste materie non fanno parte dei corsi, perché lì si studia il modo in cui le cose dovrebbero funzionare, non quello in cui funzionano davvero"

Tutto ciò che potrebbe aiutarci a migliorare la nostra esistenza non viene insegnato, viene lasciato nell'ombra, viene dimenticato. Tutto deve continuare ad andare come sempre. Si studia per confermare l'esistente, non per rinnovarlo e migliorarlo. Si studia per niente.

Antonio Saccoccio