mercoledì 30 maggio 2012

Giovani che scimmiottano i vecchi e dimenticano se stessi: il fallimento dell'educazione (Max Stirner)

Uno dei danni maggiori causati dall'educazione scolastica è costituito dalla pretesa che il giovane debba assorbire determinate credenze sul mondo senza porle in discussione. Il giovane ha solo il compito di riempire il proprio cervello di ciò che gli viene proposto come "sapere". E' incredibile come si possa, nel terzo millennio, credere ancora che un giovane debba crescere bene assorbendo il mondo degli adulti così com'è, senza filtrarlo, adattarlo, contestarlo. Quante volte si dovrà ancora assistere al deprimente spettacolo di giovani costretti a ripetere stancamente la stanca retorica degli adulti sulla giustizia, sul razzismo, sulla meritocrazia, sul pacifismo, sulla violenza, sulla legalità? Fino a quando il giovane sarà dichiarato "adulto" soltanto dopo essersi bene impregnato dei valori a lui trasmessi dalla generazione precedente?
Già un secolo e mezzo fa, Max Stirner aveva messo in guardia, ne L'unico e la sua proprietà, da questo pericolo. 
Chi non avrebbe osservato, coscientemente o inconsciamente, che tutta la nostra educazione è intesa a far nascere in noi dei sentimenti, anziché permetterci di crearli da noi bene o male? Se qualcuno pronuncia davanti a noi il nome di Dio, noi dobbiamo esser compresi di timor di Dio; se il nome del principe, noi dobbiamo accoglierlo con rispetto, con venerazione e con devozione; se quello della morale, noi dobbiamo rappresentarci qualcosa di inviolabile; se quello del maligno e dei malvagi, noi abbiamo il dovere di rabbrividire.
Tutto è inteso a instillarci quei sentimenti, e chi, per avventura, dimostrasse di udire con compiacenza le imprese dei malvagi, si renderebbe meritevole d'esser "castigato ed educato" colle verghe. Così rimpinzati di sentimenti imposti, noi ci presentiamo alla sbarra della età adulta per esser dichiarati "maggiorenni".
Il nostro bagaglio è composto di "sentimenti sublimi, di massime entusiastiche, di principi eterni, ecc.
"I giovani devono cinguettare al modo dei vecchi; e i maestri di scuola si impegnano per apprender loro l'antica melodia; e sol quando l'hanno mandata a memoria li proclamano adulti.
A noi non è permesso di sentire — ad ogni cosa, ad ogni nome che ci si affaccia — quello che vorremmo e potremmo pensare; non di figurarci, per esempio, qualche cosa di ridicolo di irriverente quando si pronuncia dinanzi a noi il nome di Dio; bensì ci è sempre prescritto quello che in un dato momento dobbiamo sentire e pensare.
Se siamo costretti a crescere pensando e sentendo come coloro che ci hanno preceduto, per forza di cose finiremo per sacrificare noi stessi. L'educazione in questo modo annichilisce la nostra umanità, la nostra volontà, la nostra aspirazione al piacere.
La mia anima o il mio spirito devono esser foggiati come desiderano gli altri, non come bramerei io stesso. Quanta fatica costa ad ognuno il conquistarsi un sentimento proprio ed indipendente quando sente pronunciar dinanzi a sé un qualche nome, il ridere in faccia a colui che quando ci parla attende da noi un viso compunto! Ciò che c'instillarono nell'animo è una cosa straniera, e perciò "santa"; donde la difficoltà di spogliarci del "santo rispetto per essa".
È per uso oggi di celebrare anche la "serietà", la serietà "nelle cose e nei dibattiti di grande importanza", la "serietà tedesca". Questa specie di serietà dimostra assai bene quanto siano antiche e serie la pazzia e l'ossessione. Poiché nessuno è più serio del pazzo quand'egli si trova nel punto centrico della sua pazzia dacché allora egli prende la cosa tanto sul serio che non tollera scherzi.
La sacralità e la santità del sapere, la serietà della conoscenza: altra maniera violentissima per censurare la scoperta, la curiosità, l'umanità. E' serio e sacro ciò che ci viene dai saggi antichi, non ciò che possiamo scoprire e creare noi stessi. Questi i danni della scuola e dell'educazione.

Antonio Saccoccio