giovedì 9 febbraio 2012

Contro la scuola e contro il sistema: ricordando gli anni Sessanta (e il Futurismo)

Le contestazioni studentesche degli ultimi anni hanno dato la misura della miseria intellettuale, passionale e ideale della postmodernità. Abbiamo visto studenti arrivati al punto di chiedere di essere più studenti di quello che sono: hanno reclamato più investimenti per la scuola (!); hanno manifestato accanto a professori (sic) universitari; ci hanno regalato cortei molli e deprimenti, conditi di slogan privi di qualsiasi idea alternativa e radicale.
E' per questo che bisogna tornare a ricordare che invece nel secolo scorso abbiamo vissuto due grandi momenti di critica autentica e totale all'istituzione scolastica e universitaria: il primo legato alle prime avanguardie e soprattutto al Futurismo (che si scagliò violentemente contro le accademie, le scuole e le università, il professoralismo), il più recente legato agli anni Sessanta-Settanta e all'ultima grande avanguardia: il Situazionismo.
E' da questo secondo momento, proprio perchè più vicino a noi negli anni, che può e deve ripartire l'analisi e la critica della scuola e dell'università.
Può essere utile, per un giovane studente e universitario di oggi, rileggere ad esempio alcune affermazioni di Mauro Rostagno, tra i protagonisti degli anni della contestazione in quell'incredibile fucina che fu la facoltà di sociologia di Trento.
Ecco uno dei punti fondamentali per Rostagno:




Lotta contro la scuola. Contro ogni tipo di scuola. Quella attuale, ma anche quella riformata. Quella arretrata, ma anche quella avanzata. Non più distinzioni tra scuola buona e scuola cattiva, tra professore buono e professore cattivo, tra autorità "tecnica" (cioè "giusta") e autoritarismo (eccessivo, da correggersi).



Questo appare ancora oggi un punto ineliminabile della questione. Al di là della possibilità evidente di rendere meno amara e nociva l'esperienza scolastica, dobbiamo porci il problema nei suoi termini più brutali: la scuola è in sè un'istituzione oppressiva e autoritaria, quindi non c'è un modo di fare scuola buono e uno cattivo. E occorre partire dall'assunto che "la soluzione del problema non sta nelle riforme tecnocratiche nè in compromessi politici, ma nello sviluppo della lotta, nel suo allargamento e nella sua radicalizzazione".

Il secondo punto che merita attenzione è il seguente:




La lotta contro la scuola è già lotta contro il sistema, proprio nella misura in cui quella "parte" non è attaccata per essere riformata, funzionalizzata, ma al contrario è messa in discussione in quanto tale. Lotta senza possibilità di vittoria fino a che rimane tale, e cioè lotta di una "parte" contro il "tutto". Perchè, e lo si è visto bene, tutte le altre "parti", a questo punto, ti si rivoltano contro. Repressioni e riformismo ti chiudono, e non hai più scampo. Magistratura, Polizia, Esecutivo, Partiti, Mass-Media, Corpo Docente, Chiesa, Famiglia, ecc... sono messe in movimento, in difesa, appunto, non tanto della scuola, ma del sistema stesso, che attraverso la scuola è stato messo in discussione.



Deve essere chiaro che la lotta contro la scuola è la lotta contro il mondo sfatto e brutalizzato, grevemente strutturato sull'utilitarismo e sulle gerarchie di potere. Di questo oggi non ne sono purtroppo più consapevoli gli studenti, che lottano anzi per fare ancora più scuola, quindi per essere ancora più addestrati alla gerarchizzazione futura.
Ora, se si dà una ripulita al lessico e a qualche ideologismo datato (tutta la retorica di classe può essere tranquillamente eliminata), risulta ancora drammaticamente valida la critica alla scuola condotta più di 40 anni fa. Ciò che è drammatico è l'assoluta inconsistenza delle presunte contestazioni giovanili odierne. Lo abbiamo già detto altre volte: si tratta delle tipiche rivolte postmoderne, raduni spettacolari per darsi un tono da pseudo-ribelle, farsi una gita lontano da mamma e papà, e farsi una foto da mettere su facebook. Ma al di là del giorno o dei giorni di festa (neppure così trasgressiva) non resta che l'amarezza per aver dimenticato il motivo e l'obiettivo per cui contestare e lottare. L'anestesia in cui siamo piombati è avvilente, è vero. Ma è anche vero che ci sono voluti 50 anni per riprendere le battaglie futuriste contro scuola e accademie, e ora ne sono passati quasi 50 dalle battaglie situazioniste e sessantottesche. E allora dobbiamo sperare che ribellioni come quelle se ne possano avere solo due in ogni secolo, e quindi è il caso di svegliarci perchè è giunto per noi il momento di timbrare il cartellino della rivolta anche nel secolo XXI.



Antonio Saccoccio