mercoledì 12 dicembre 2012
Istruzione parentale (Circolare n. 74 del 21 dicembre 2006)
domenica 14 ottobre 2012
La scuola non ci piace, parola di adolescente (risultati di un'indagine HBSC)
venerdì 12 ottobre 2012
Giuseppe Tucci: un grande studioso autodidatta parla dell'università italiana
* La citazione è tratta da questo Ricordo di Giuseppe Tucci a cura di Raniero Gnoli.
lunedì 27 agosto 2012
Gli esami causano danni (ricordando Francisco Ferrer i Guardia)
Los exámenes clásicos, aquellos que estamos habituados a ver a la terminación del año escolar y a los que nuestros padres tenían en gran predicamento, no dan resultado alguno, y si lo producen es en el orden del mal.Estos actos, que se visten de solemnidades ridículas, parecen ser instituídos solamente para satisfacer el amor propio enfermizo de los padres, la supina vanidad y el interés egoísta de muchos maestros y para causar sendas torturas a los niños antes del examen, y después, las consiguientes enfermedades más o menos prematuras.Cada padre desea que su hijo se presente en público como uno de los tantos sobresalientes del colegio, haciendo gala de ser un sabio en miniatura. No le importa que para ello su hijo, por espacio de quince días o un mes, sea víctima de exquisitos tormentos. Como se juzga por el exterior, se viene a la consideración que los dichos tormentos no son tales, porque no dejan como señal el más pequeño rasguño ni la más insignificante cicatriz en la piel...La inconsciencia en que se vive con relación a la naturaleza del niño y a lo inicuo de ponerle en condiciones forzadas para que saque de su flaqueza psicológica fuerzas intelectuales, sobre todo en la esfera de la memoria, impide a los padres ver que un rato de satisfacción de amor propio, puede ser la causa, como ha sucedido muchas veces, de enfermedad, de la muerte moral y material de sus hijos.A la mayoría de los profesores, por otra parte, estereotipadores de frases hechas, inoculadores mecánicos, más que padres morales del educando, lo que más les interesa en los exámenes es su propia personalidad y su estado económico; su objeto es hacer ver a los padres y demás concurrentes a los exámenes, que el alumno, bajo su égida, sabe muchísimo, que sus conocimientos en extensión y caridad exceden a lo que se podía esperar de sus cortos años y al poco tiempo que hace ha estado en el colegio de tan meritísimo profesor.Además de esa miserable vanidad, satisfecha a costa de la vida moral y física del alumno, se esfuerzan, esos determinados maestros, en arrancar plácemes del vulgo, de los padres y demás concurrentes ignaros de lo que pasa en la realidad de las cosas, como un reclamo eficacísimo que les garantiza el crédito y el prestigio de la Tienda Escolar.En crudo, somos adversarios impenitentes de los indicados exámenes. En el colegio todo tiene que ser efectuado en beneficio del estudiante. Todo acto que no consiga ese fin debe ser rechazado como antitético a la naturaleza de una positiva enseñanza. De los exámenes no saca nada bueno y recibe, por el contrario, gérmenes de mucho malo el alumno. A más de las enfermedades físicas susodichas, sobre todo las del sistema nervioso y acaso de una muerte temprana, los elementos morales que inicia en la conciencia del niño ese acto inmoral calificado de examen son: la vanidad enloquecedora de los altamente premiados; la envidia roedora y la humillación, obstáculo de sanas iniciativas, en los que han claudicado; y en unos y en otros, y en todos, los albores de la mayoría de los sentimientos que forman los matices del egoísmo.
Sono parole del 1902 e dopo 110 anni nulla sembra essere cambiato. Stress fisico e psicologico. Studio insensato. Vanità dei professori e degli alunni. Umiliazioni. Egoismo.
Gli esami provocano danni.
Lottiamo per eliminarli. O cerchiamo di limitare i loro danni al minimo.
venerdì 20 luglio 2012
La letra con sangre entra (Francisco de Goya)
Francisco de Goya, La letra con sangre entra o Escena de escuela (c. 1780 - 1785?). 19,7 x 38,7 cm. Óleo sobre lienzo. Museo de Zaragoza (adquirido por el Gobierno de Aragón en 2008 a la Galería Caylus).
mercoledì 30 maggio 2012
Giovani che scimmiottano i vecchi e dimenticano se stessi: il fallimento dell'educazione (Max Stirner)
Già un secolo e mezzo fa, Max Stirner aveva messo in guardia, ne L'unico e la sua proprietà, da questo pericolo.
Chi non avrebbe osservato, coscientemente o inconsciamente, che tutta la nostra educazione è intesa a far nascere in noi dei sentimenti, anziché permetterci di crearli da noi bene o male? Se qualcuno pronuncia davanti a noi il nome di Dio, noi dobbiamo esser compresi di timor di Dio; se il nome del principe, noi dobbiamo accoglierlo con rispetto, con venerazione e con devozione; se quello della morale, noi dobbiamo rappresentarci qualcosa di inviolabile; se quello del maligno e dei malvagi, noi abbiamo il dovere di rabbrividire.Se siamo costretti a crescere pensando e sentendo come coloro che ci hanno preceduto, per forza di cose finiremo per sacrificare noi stessi. L'educazione in questo modo annichilisce la nostra umanità, la nostra volontà, la nostra aspirazione al piacere.
Tutto è inteso a instillarci quei sentimenti, e chi, per avventura, dimostrasse di udire con compiacenza le imprese dei malvagi, si renderebbe meritevole d'esser "castigato ed educato" colle verghe. Così rimpinzati di sentimenti imposti, noi ci presentiamo alla sbarra della età adulta per esser dichiarati "maggiorenni".
Il nostro bagaglio è composto di "sentimenti sublimi, di massime entusiastiche, di principi eterni, ecc.
"I giovani devono cinguettare al modo dei vecchi; e i maestri di scuola si impegnano per apprender loro l'antica melodia; e sol quando l'hanno mandata a memoria li proclamano adulti.
A noi non è permesso di sentire — ad ogni cosa, ad ogni nome che ci si affaccia — quello che vorremmo e potremmo pensare; non di figurarci, per esempio, qualche cosa di ridicolo di irriverente quando si pronuncia dinanzi a noi il nome di Dio; bensì ci è sempre prescritto quello che in un dato momento dobbiamo sentire e pensare.
La mia anima o il mio spirito devono esser foggiati come desiderano gli altri, non come bramerei io stesso. Quanta fatica costa ad ognuno il conquistarsi un sentimento proprio ed indipendente quando sente pronunciar dinanzi a sé un qualche nome, il ridere in faccia a colui che quando ci parla attende da noi un viso compunto! Ciò che c'instillarono nell'animo è una cosa straniera, e perciò "santa"; donde la difficoltà di spogliarci del "santo rispetto per essa".La sacralità e la santità del sapere, la serietà della conoscenza: altra maniera violentissima per censurare la scoperta, la curiosità, l'umanità. E' serio e sacro ciò che ci viene dai saggi antichi, non ciò che possiamo scoprire e creare noi stessi. Questi i danni della scuola e dell'educazione.
È per uso oggi di celebrare anche la "serietà", la serietà "nelle cose e nei dibattiti di grande importanza", la "serietà tedesca". Questa specie di serietà dimostra assai bene quanto siano antiche e serie la pazzia e l'ossessione. Poiché nessuno è più serio del pazzo quand'egli si trova nel punto centrico della sua pazzia dacché allora egli prende la cosa tanto sul serio che non tollera scherzi.
venerdì 20 aprile 2012
Modalità di adempimento dell'obbligo scolastico (Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297)
martedì 6 marzo 2012
Le uniformi a scuola: avanti con la militarizzazione dell'esistenza
La senatrice francesce Chantal Jouanno ha presentato in Parlamento il suo rapporto intitolato «Contro l' iper-sessualizzazione, una nuova battaglia per l'uguaglianza», e il ministro della Solidarietà Roselyne Bachelot ha promesso di seguirne le raccomandazioni. Per «difendere i nostri bambini dalla confusione illustrata dallo stesso termine di pre adolescenza», che toglie anni preziosi a quella che dovrebbe essere «infanzia», il rapporto Jouanno auspica alcune prime misure concrete: divieto dei concorsi di bellezza per «mini-miss», e ritorno all' uniforme scolastica sin dalle elementari. Se l'erotizzazione dell' esistenza comincia presto, bisogna allora anticipare anche la lotta contro i jeans a vita bassa.
Bisogna riconoscere che oggi le ragazzine pure molto giovani affermano una femminilità della quale vanno fiere, mentre il loro punto di vista è totalmente assente nel rapporto. Più che sottomesse, direi poi che padroneggiano completamente l'uguaglianza tra i sessi. Infine, l' erotizzazione diffusa è un problema che tocca tutta la società, è difficile isolarlo e combatterlo solo sotto i 12 anni.
Ma la povera Chantal Jouanno non ha evidentemente gli strumenti per comprendere qualcosa che vada al di là della sua pochezza, è una donna che fa politica ed evidentemente segue l'onda del sentimento popolare. Quale onda? Quella, sempre presente in ogni momento, dei tanti nostalgici dei bei tempi andati, in cui tutto filava liscio nelle scuole: tutti irrigiditi dietro il banco, ubbidienti e impauriti, in soggezione durissima e costante, pronti a rispondere a domanda inutile con risposta rapida precofenzionata (sempre altrettanto inutile, si intende). Tutto sotto controllo. Voi fate i bambini-operai, noi siamo gli adulti-padroni!
Tra questi nostalgici della scuola-carcere-fabbrica di deficienti, compare nella stessa pagina la solita opinionista di buon senso a cui non si nega mai la parola in questi casi, tale Federica Mormando, che nell'articolo di commento ci regala un pezzo di sublime bravura e pathos inarrivabile (!). Leggiamo integralmente, perché non vogliamo modificare una sola virgola.
La divisa è in primo luogo un'affermazione, non un divieto. La divisa afferma che siamo nel tempo della nostra vita dedicato allo studio a scuola. Siamo scolari e la nostra funzione è imparare. E siamo un gruppo. Il che incita alla solidarietà, tanto è vero che la divisa era stata proposta anche fra i mezzi per prevenire il bullismo. Si è di «questa» scuola, e se ne può andare orgogliosi, se il corpo insegnante si dà da fare per questo. Si può essere fieri della propria divisa, come lo sono i militari che credono nella loro missione. Si può essere rispettati per la divisa: incontrare il proprio medico sempre in camice sulla spiaggia in costume, lascia perplessi, perché suggerisce altri ruoli, incrina un po' l'immagine cara al paziente. I segnali esterni dei ruoli e delle funzioni sono importanti simboli, che giungono diretti e chiari più delle parole. La divisa a scuola è una dichiarazione di adesione al ruolo di scolaro, una piccola corazza contro la licenza di giocare, e anche contro vagabondaggi della fantasia che un abbigliamento sexy favorisce, ai bambini, ma anche agli adulti.
Ecco che tornano in bella evidenza le parole-chiave: ruoli e funzioni. Gli individui, e quindi anche i bambini, non sono considerati in quanto autonomi individui dotati di proprie personalissime aspirazioni, ma sono ingabbiati in ruoli e funzioni sociali. Mai confessione poteva essere più chiara. Contano ruoli e funzioni: il resto ovviamente è trascurabile.
Ma il lessico autoritario della privazione e della “vita dura” deve ancora arrivare. Leggiamo la parte conclusiva dell’articolo:
Il senso della trasgressione è collegato a quello del dovere, senza il quale — lo vediamo — del piacere resta solo la ricerca esasperata e alla fine vana. Una divisa è un messaggio anche per i genitori: mortificare l'infanzia mascherandola da sex-symbol non è lecito nei luoghi seri dell'istruzione. Un provvedimento di questo genere è occasione per spiegare concetti dimenticati, rimettere a nuovi valori stropicciati, re-inaugurare la disciplina, quella vera, che forma la persona e regola la convivenza. E per restituire a bimbe e bimbi il senso dell'infanzia, che non è più pura o più serena o più etica dell'età adulta: è semplicemente un'altra età, che l'imitazione di modelli adulti inaridisce. E rendere obbligatorio lo studio di questi concetti a genitori confusi potrebbe restituirgli la loro divisa: quella di genitori.
I bambini - ci dice - vanno restituiti all’infanzia, perché i modelli adulti non vanno imitati. I modelli adulti - ce l’ha fatto capire chiaramente - vanno invece imposti, perché tutti i bambini dovranno mettersi una divisa, pronti a diventare come gli adulti: tristi e grigi operai della vita.
giovedì 9 febbraio 2012
Contro la scuola e contro il sistema: ricordando gli anni Sessanta (e il Futurismo)
E' per questo che bisogna tornare a ricordare che invece nel secolo scorso abbiamo vissuto due grandi momenti di critica autentica e totale all'istituzione scolastica e universitaria: il primo legato alle prime avanguardie e soprattutto al Futurismo (che si scagliò violentemente contro le accademie, le scuole e le università, il professoralismo), il più recente legato agli anni Sessanta-Settanta e all'ultima grande avanguardia: il Situazionismo.
E' da questo secondo momento, proprio perchè più vicino a noi negli anni, che può e deve ripartire l'analisi e la critica della scuola e dell'università.
Può essere utile, per un giovane studente e universitario di oggi, rileggere ad esempio alcune affermazioni di Mauro Rostagno, tra i protagonisti degli anni della contestazione in quell'incredibile fucina che fu la facoltà di sociologia di Trento.
Ecco uno dei punti fondamentali per Rostagno:
Lotta contro la scuola. Contro ogni tipo di scuola. Quella attuale, ma anche quella riformata. Quella arretrata, ma anche quella avanzata. Non più distinzioni tra scuola buona e scuola cattiva, tra professore buono e professore cattivo, tra autorità "tecnica" (cioè "giusta") e autoritarismo (eccessivo, da correggersi).
Il secondo punto che merita attenzione è il seguente:
La lotta contro la scuola è già lotta contro il sistema, proprio nella misura in cui quella "parte" non è attaccata per essere riformata, funzionalizzata, ma al contrario è messa in discussione in quanto tale. Lotta senza possibilità di vittoria fino a che rimane tale, e cioè lotta di una "parte" contro il "tutto". Perchè, e lo si è visto bene, tutte le altre "parti", a questo punto, ti si rivoltano contro. Repressioni e riformismo ti chiudono, e non hai più scampo. Magistratura, Polizia, Esecutivo, Partiti, Mass-Media, Corpo Docente, Chiesa, Famiglia, ecc... sono messe in movimento, in difesa, appunto, non tanto della scuola, ma del sistema stesso, che attraverso la scuola è stato messo in discussione.
Ora, se si dà una ripulita al lessico e a qualche ideologismo datato (tutta la retorica di classe può essere tranquillamente eliminata), risulta ancora drammaticamente valida la critica alla scuola condotta più di 40 anni fa. Ciò che è drammatico è l'assoluta inconsistenza delle presunte contestazioni giovanili odierne. Lo abbiamo già detto altre volte: si tratta delle tipiche rivolte postmoderne, raduni spettacolari per darsi un tono da pseudo-ribelle, farsi una gita lontano da mamma e papà, e farsi una foto da mettere su facebook. Ma al di là del giorno o dei giorni di festa (neppure così trasgressiva) non resta che l'amarezza per aver dimenticato il motivo e l'obiettivo per cui contestare e lottare. L'anestesia in cui siamo piombati è avvilente, è vero. Ma è anche vero che ci sono voluti 50 anni per riprendere le battaglie futuriste contro scuola e accademie, e ora ne sono passati quasi 50 dalle battaglie situazioniste e sessantottesche. E allora dobbiamo sperare che ribellioni come quelle se ne possano avere solo due in ogni secolo, e quindi è il caso di svegliarci perchè è giunto per noi il momento di timbrare il cartellino della rivolta anche nel secolo XXI.
Antonio Saccoccio