venerdì 9 settembre 2011

Studenti come pecore e pappagalli: il metodo analitico-grammaticale nello studio del latino

Una delle assurdità più estreme della scuola italiana è senza dubbio lo studio del latino. Non che si studi il latino - sia chiaro sin da subito - ma che lo si studi nel modo in cui dalla fine dell'Ottocento si studia nelle nostre scuole. Stiamo parlando di quel metodo analitico-grammaticale che dovrebbe favorire nello studente l'insorgere miracoloso di non meglio precisate Capacità Logiche. Stiamo parlando, più realisticamente, di quel metodo che consiste in una serie più o meno finita di declinazioni, coniugazioni, regole, regolette e soprattutto tante tantissime eccezioni da ricordare e ripetere mnemonicamente. Per i grandi pensatori che diedero inizio nel secondo Ottocento a questo insensato studio il latino doveva essere una lingua che poteva essere appresa analizzandola (anzi vivisezionandola) prima di padroneggiarla. Anzi, secondo questi grandi pensatori la lingua si poteva padroneggiare solo dopo la vivisezione. Niente di così folle, se pensiamo che qualcuno ha creduto fino a qualche decennio fa di insegnare anche le lingue straniere contemporanee in questo modo. Salvo poi rendersi conto che gli unici che riuscivano realmente a parlarle erano coloro che si recavano appena per qualche mese nei paesi stranieri, mentre gli studenti che per anni avevano imparato tutte le regole grammaticali non sapevano intrattenere una conversazione per due soli minuti.
Ma per il latino la questione è ancora sospesa. Dato che ancora oggi la stragrande maggioranza degli insegnanti è convinta che si possa conoscere quella lingua a partire dalla ripetizione più o meno meccanica di casi e desinenze e regole e naturalmente tante tante tantissime eccezioni.
Certo, un passo avanti è stato fatto con il tempo. Almeno questo studio insensato oggi non si pratica più nella scuola media inferiore. Nell'ormai lontano 1977 con la legge n.348 l'insegnamento del latino fu abolito nelle scuole medie. In realtà non si era pienamente compreso che non era l'insegnamento del latino in sè ad essere errato, ma il modo in cui si insegnava. Già a quei tempi qualche mente illuminata accolse con un sospiro di sollievo quella scelta. Giorgio Manganelli sul Corriere della sera ne approfittò per ironizzare a suo modo dopo l'approvazione della legge.
In questi ultimi anni, abbiamo riascoltato tutte le vecchie sciocchezze che credevamo scomparse con la nostra adolescenza; quasi intenerivano, con un arcaico rosolio. Abbiamo sentito dire che il latino è "formativo", che "insegna a ragionare". Si è detto che il latino è il nostro fondamento "culturale". Par di sognare. Qualcuno si è strappato i capelli, perchè gli avevano detto che l'Italia, l'Europa, la galassia stavano in piedi solo per via di quelle cinque declinazioni studiate, compitate, recitate, cantilenate sui banchi di scuola. [...] Vorrei sommessamente dissentire: tutto può essere formativo, incluso araldica e strutturalismo, tutto eccetto che il latino che si insegnava nelle scuolette. La sua fucilazione è un puro e semplice atto di igiene mentale. Disinquinamento, disinfestazione, derattizzazione. "Quel" latino era una cosa mostruosa, roba da fantascienza.
Con questo acceso linguaggio d'avanguardia Manganelli liquidava per sempre lo studio cantilenato del latino. Disinquinamento, disinfestazione, derattizzazione.
Eravamo nel 1977. Cosa è accaduto dopo? Che lo studio insensato dalle scuole medie si è trasferito nelle scuole superiori. Licei classici e scientifici sono da decenni in preda al più incredibile degli psittacismi. Da rosa rosae a iter itineris, da videor ai pluralia tantum, da doceo e celo a marmaluot! E tutto questo perchè così si impara a ragionare! Questa è la Logica!
Ma vediamo, qual è il fantastico risultato di anni e anni di pappagallismo neppur tanto dissimulato? Nel migliore dei casi faticosissime opere di meticolosa decifrazione di poche righe scritte in una lingua oscura e misteriosa... e ricca ricchissima soprattutto di tante tantissime eccezioni. Il tutto sempre accompagnati da quel fedelissimo e insostituibile compagno di decifrazione che è il Santo Dizionario. Nel peggiore l'odio radicale e radicato per la lingua che per secoli e secoli hanno parlato i nostri stessi antenati e che ha prodotto molti dei vertici della letteratura di tutti i tempi.
Anche qui Manganelli aveva visto giusto già 35 anni fa.
Ci deve essere qualcosa di guasto in un insegnamento che in otto anni non riesce a far di un allievo un lettore agiato e disteso dei classici di una qualsiasi lingua. In otto anni si impara il cinese, con il sanscrito per buona giunta. In realtà ci hanno insegnato delle sciocchezze, e proprio perchè erano tali han dovuto insegnarcele con vessazione.
Già, la vessazione. Unica arma per costringere un povero adolescente a mandare a memoria regole e regolette di ogni tipo, senza vederne i frutti. Ancora Manganelli:
Il problema è se riuscirà mai a imparare il latino uno che l'ha studiato a quel modo.
Questo modo di studiare la lingua latina è innaturalissimo, e a non rendersene ancora conto sono oggi proprio coloro su cui anni e anni di un così alto studio preparatorio alle più alte conquiste della Logica ha avuto i peggiori effetti: incapacità di prendere in considerazione strade alternative, di mettersi in gioco, di ricominciare se necessario anche da capo.
Questa elasticità è un messaggio che dovrebbe arrivarci anche e proprio dalla lettura dei testi in lingua latina. Ma - dimenticavo - apprendendo in quel modo si riesce forse a leggere i testi latini?
Al massimo si risolvono rompicapi e cruciverba. E neppure tanto bene.

Antonio Saccoccio