martedì 28 dicembre 2010

Pasolini: aboliamo la scuola e la televisione

Siamo abituati negli ultimi anni a sentire continue lametele dei docenti sulla decadenza della scuola italiana. Una delle motivazioni di tale decadenza è a loro dire la seguente: nulla funziona più nella scuola perchè i modelli al di fuori della scuola sono pessimi. In tutto questo la televisione è vista dai più come il principale mezzo di corruzione. Nasce così l'idea che la scuola debba contrastare in ogni modo la televisione e i suoi modelli.

Non so se di questa visione debba più preoccupare l'ingenuità, l'ignoranza o il moralismo. Ad ogni modo chiunque ragioni in questo modo non ha compreso per nulla la natura della scuola. E non ha compreso soprattutto quanto la scuola sia molto simile alla televisione. In realtà sono due facce della stessa medaglia: la scuola è la faccia passatista, la televisione quella presentista. Ovviamente per rendersi conto dei meccanismi che stanno alla base della scuola, occorre grande lucidità e capacità di analisi. Ripropongo quindi un brano tratto da un noto articolo di Pasolini, utile a ricordare a tutti la natura autoritaria della scuola.

Quali sono le mie due modeste proposte per eliminare la criminalità? Sono due proposte swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere.
1) Abolire immediatamente la scuola media dell'obbligo.
2) Abolire immediatamente la televisione. Quanto agli insegnanti e agli impiegati della televisione possono anche non essere mangiati, come suggerirebbe Swift: ma semplicemente possono essere messi sotto cassa integrazione.
La scuola d'obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell'autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio). Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po' di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro, e la loro funzione dunque altro non è che creare, col loro insieme, un piccolo borghese schiavo al posto di un proletario o di un sottoproletario libero (cioè appartenente a un'altra cultura, che lo lascia vergine a capire eventualmente nuove cose reali, mentre è ben chiaro che chi ha fatto la scuola d'obbligo è prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novità). Una buona quinta elementare basta oggi in Italia a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un avanzamento che è una degradazione è delittuoso: perché lo rende: primo, presuntuoso (a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso contemporaneamente), angosciamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza. Certo arrivare fino all'ottava classe anziché alla quinta, o meglio, arrivare alla quindicesima classe, sarebbe, per me, come per tutti, l'optimum, suppongo. Ma poiché oggi in Italia la scuola d'obbligo è esattamente come io l'ho descritta (e mi angoscia letteralmente l'idea che vi venga aggiunta una "educazione sessuale", magari così come la intende lo stesso "Paese Sera"), è meglio abolirla in attesa di tempi migliori: cioè di un altro sviluppo. (E' questo il nodo della questione).
Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: cioè che ho detto a proposito della scuola d'obbligo va moltiplicato all'infinito, dato che si tratta non di un insegnamento, ma di un "esempio": i "modelli" cioè, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? E' stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo), concluso l'era della pietà, e iniziato l'era dell'edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell'irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore).
Ora, ogni apertura a sinistra sia della scuola che della televisione non è servita a nulla: la scuola e il video sono autoritari perché statali, e lo Stato è la nuova produzione (produzione di umanità). Se dunque i progressisti hanno veramente a cuore la condizione antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a pretendere l'immediata cessazione delle lezioni alla scuola d'obbligo e delle trasmissioni televisive. (Corriere della Sera, 18 ottobre 1975)
Pasolini non aveva in mente una vera e propria descolarizzazione. Pochi giorni dopo (sempre dalle colonne del Corriere della Sera e rispondendo ad una critica di Moravia) precisò che non aveva inteso parlare di un'abolizione, ma di una sospensione della scuola in attesa di una riforma. Nulla quindi di realmente rivoluzionario. Ma nella sua testa era ben chiaro che la scuola stava facendo danni.
La scuola è parte del sistema autoritario e verticistico proprio come lo è la televisione. La scuola prepara il cittadino ad essere schiavo della televisione. E viceversa. I modelli contenuti e proposti sono differenti (passatisti per la scuola, presentisti per la televisione), numerose differenze esistono ovviamente oltre a queste, ma la natura della comunicazione scolastica e di quella televisiva sono sostanzialmente negative e per gli stessi motivi. Per questo chiunque lavori all'interno della scuola e della televisione, se è consapevole di tutto ciò deve agire in modo da limitare il più possibile i danni per le giovani generazioni. Qualsiasi altro atteggiamento li renderà complici del potere e dello status quo.

Antonio Saccoccio

lunedì 30 agosto 2010

Perchè descolarizzazione?

I ragazzi sono bravini, ma vanno ancora scolarizzati

Perchè non c'è frase più imbecille (e pericolosa) di questa.